A chi interessano i cloni?


Appena accennati in Una nuova speranza, Lucas aveva già reso i cloni protagonisti in The Clone Wars trasformando alcuni di loro in individui ben distinti, come Rex, Cody o Fives. (senza citare il più famoso Boba Fett) Con The Bad Batch, Lucasfilm ha aggiunto l’ennesimo tassello con la brigata 99 e la prima clone femmina, Omega.

I più frequenti elogi a questa serie tv sono di natura tecnica: animazione, sfondi, suoni e musiche. Un po’ mi stupisce che il pregio maggiore sia un’esecuzione di alto livello che, ormai, dovrebbe essere la prassi. Lucasfilm ha un settore animazione e suono con mezzi da far letteralmente invidia e, per quanto non bisogna mai sottovalutare il lavoro che c’è dietro, c’era il dubbio che non fosse il meglio del meglio?

In realtà ci sarebbe una piccola critica anche sull’aspetto tecnico. Quasi tutti gli episodi hanno la maggior parte delle scene ambientate al buio e a volte anche chiudersi completamente in una stanza è appena sufficiente per vedere chiaramente tutto. Mi ricorda le lamentele mosse, qualche anno fa, per alcune sequenze con battaglie notturne de Il trono di spade, in cui a malapena si capiva cosa stesse succedendo. Se ambientare scene in live action di notte, con pesante uso di CGI, è un escamotage comune per nascondere imperfezioni e risparmiare, non è giustificabile in un prodotto totalmente animato.

Messo da parte l’aspetto tecnico, la decisione di fare uno sforzo produttivo del genere per raccontare questo frammento minuscolo della storia dei cloni e esplorare una nicchia così specifica, ancora mi lascia basita.


A mio avviso l’unica carta interessante che Lucasfilm poteva ancora giocarsi sull’argomento cloni, sarebbe stata quella della loro ribellione su larga scala. Era la speranza principale che avevo per questa serie, ma per quanto l’episodio Ritorno a Kamino sia l’unico davvero interessante in tutta la stagione, la distruzione di Tipoca City ha messo una pietra definitiva sopra questa possibilità.
E’ impensabile ipotizzare la ribellione di un esercito che sta per essere smantellato quando è disperso per la galassia e impossibilitato al confronto diretto di idee, unica speranza di liberarsi dal controllo mentale e organizzarsi.

Il percorso di Omega, unica clone femmina, mi è ancora più oscuro. Il suo personaggio è indubbiamente la bussola morale della squadra, la sua coscienza e la sua innocenza, ma si riduce a ricoprire quel ruolo che permette di instaurare un rapporto parentale con gli altri protagonisti. 

Ormai questo tipo di legame, un amore e un sentimento esclusivamente familiare, sembra essere l’unico ammesso in Star Wars.

Da personaggio promettente, Omega non riesce a essere di più di quello che è: un materiale genetico raro. Questo rende probabile che il suo futuro, esattamente come Grogu, sarà quello di essere cacciata e catturata dall’Impero. Omega potrebbe, teoricamente, apparire in The Book of Boba Fett e confrontarsi col “fratello”. Tuttavia se Lucasfilm non si cura di raccontarci un qualsiasi tipo di legame nel loro passato, sarebbe un incontro a dir poco senza senso e vuoto.

Infine la vicenza di Crosshair, per quanto ben scritta, non ha un peso emotivo sufficiente a reggere la storia. Le implicazioni della presenza del chip e della scelta di stare con l’Impero o con la Repubblica, sono tutti temi già mostrati in precedenza. L’unico scopo di questa serie tv è farci sapere che l’Impero sta collezionando tutte le tecnologie di clonazione, esattamente come in The Mandalorian.

Lucasfilm sta frammentando la storia intorno alla trilogia originale in pezzi sempre più piccoli, in una estenuante ripetizione infinita di trame, situazioni, personaggi e dialoghi. (come la presenza della scena ‘join me’ ormai usata ovunque, al punto di farti dire sospirando “ancora?”)

A volte sembra che l’unico scopo sia riempire pagine di Wookipedia.

A The Bad Batch manca, purtroppo, quel coinvolgimento dello spettatore che The Clone Wars aveva come punto di forza. L’opera di Lucas riusciva, non in tutte le puntate ma nella maggior parte, a porre dei quesiti a chi lo guardava. Lo spettatore era spesso messo davanti al doversi chiedere, in quella data situazione, cosa avrebbe fatto, quale sarebbe stata la scelta giusta e quali conseguenze avrebbe portato. The Clone Wars dava spesso spunti intelligenti su tantissime questioni etiche, morali e politiche. Mostrava diversi punti di vista, pro e contro, proprio per spingere lo spettatore a prendere una posizione e una decisione. Gli argomenti erano spesso universalmente traslabili nella vita reale e questo rendeva sempre la storia presente e attuale.

Anche la scelta di dare un’individualità ai cloni è ancorata a un discorso contemporaneo al periodo. Tra la metà degli anni novanta (ricordate la pecora Dolly?) e il primo decennio dei duemila, il tema della clonazione è sempre rimasto un interessante sottofondo e l’intrattenimento non è stato lì a guardare. Ne sono un esempio, giusto per citarne alcuni, film come: Jurassic Park (1993), Alien – La clonazione (1997), Star Trek Nemesis (2002), The Island (2005), Moon (2009), Avatar (2009), Oblivion (2013). Un arco di anni che si sovrappone al lavoro di Lucas sulla trilogia prequel e sulla serie TV.

George Lucas seguiva la moda? No, ma ha sviluppato un’idea già propria nel momento giusto. The Clone Wars è stato un prodotto che ha giocato le sue carte in maniera egregia, come tempi e come temi universali.

Possiamo dire la stessa cosa di The Bad Batch? Non proprio. I cloni e la clonazione non creano più nessun interesse. Non è più un tema che stuzzica l’immaginazione del pubblico odierno.
Un esempio sarebbe pensare ora a una trasposizione cinematografica di opere del calibro di Tarzan o di Flash Gordon. Dovrebbero essere snaturate completamente per avere un minimo di appeal, perchè sfortunatamente sono troppo datate e troppo scollegate con l’epoca in cui viviamo.

Facciamo un altro esempio: un film capolavoro come Matrix, o addirittura Il Tagliaerbe, non avrebbe minimamente lo stesso impatto di 20 anni fa, perché la realtà virtuale non stupisce più e adesso ce l’abbiamo a casa semplicemente con gli accessori della Playstation. 

Con questo non si vuole sostenere che non si può trattare un argomento fuori moda o datato, ma una buona opera di intrattenimento, per coinvolgere, deve avere un minimo di collegamento alla realtà. I temi di oggi sono altri e un brand come Marvel, per esempio, è riuscito a intercettarli molto meglio di Star Wars. Nelle loro serie TV hanno parlato, a modo loro, di salute mentale, elaborazione di perdite e sconfitte, integrazione e razzismo, giustizia sociale, accettare sé stessi e essere degni di amore. Tutti temi facili da trovare nella vita di tutti i giorni, in articoli e nelle discussioni on-line. 

L’unico prodotto Star Wars che ha trattato temi contemporanei è stato Gli Ultimi Jedi. Esso ha dato voce allo schiacciante peso che le nuove generazioni devono reggere, alle aspettative di successo che quelle vecchie gli hanno scaricato addosso. Ha parlato di giustizia, di rappresentanza, di diversità, d’amore, di solitudine, di politica, dell’economia e dell’opportunismo delle guerre. 

Star Wars però ha rigettato la vibrante attualità, ma anche universalità, dei temi di Rian Johnson.

E’ un brand che in The Bad Batch si dimostra completamente distaccato dalla realtà e richiuso in un modello autoreferenziale vecchio e stanco. Nonostante io sia stata felicissima di film come Rogue One e Solo, purtroppo hanno dato il via a questa narrativa filler che non fa altro che estraniare il potenziale nuovo pubblico e che stanca anche buona parte di quello storico. Quanti di noi hanno guardato e guarderanno The Bad Batch non tanto per entusiasmo ma semplicemente per non restare indietro e essere tagliati fuori dai discorsi on-line?

Sarebbe stata preferibile di gran lunga la trasposizione animata della High Republic che, per quanto ugualmente vive in un contesto chiuso e sideralmente lontano da tante tematiche odierne in quanto ispirato dai ruggenti anni 60, mette in risalto un periodo inesplorato e visivamente accattivante, come visto nei comics.

Alla luce di tutto questo, ritorno alla mia domanda iniziale: a chi interessano ancora i cloni?

Fondamentalmente a nessuno e di certo non alla stragrande maggioranza del pubblico che, a ben ragione, trova interesse da altre parti. The Bad Batch, purtroppo, serve solo a far comprare l’ennesima Black Series a qualche decina di migliaia di fans adulti che vivono rinchiusi in una bolla distaccati da tutto, esattamente com’è questo momento di Star Wars.

La speranza, perché quella c’è sempre, è che ci sia un po’ più voglia di raccontare qualcosa negli altri prodotti di fascia alta, come la serie di Obi-Wan e i film. Finché questi non usciranno, forse l’unica boccata d’aria fresca ce la darà Star Wars: Visions.

Non ci resta che aspettare.

P.s: Ritornando al periodo in cui Lucas progettava la trilogia prequel, penso che non sia un caso che Padmé fosse quell’icona fashion da infiniti cambi abito, quando gli anni ‘90 sono stati proprio il periodo d’oro delle sfilate di moda e dell’Olimpo, mai più replicato, delle supermodelle. Tutto è figlio del proprio tempo e dei propri miti, anche in una galassia lontana lontana…

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